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  • Immagine del redattoreDanila Properzi

In Silenzio...


Nel linguaggio musicale la pausa è un respiro. Indica il valore del silenzio. Non rispettare le pause e i silenzi nella musica, così come nella vita quotidiana significa vivere una vita frenetica e senza riflessione.

Il silenzio musicale, inteso come pausa tra le note, si riesce ad avvertire chiaramente ed è parte integrante della musica stessa. Una composizione senza pause è come un testo senza spazi tra le parole.

"Il silenzio non è semplicemente l’assenza del rumore ma è un fenomeno complesso; non è solo una forma di espressione ma ha molteplici significati ed è portatore di emozioni, informazioni e comunicazioni infinite. Ci sono silenzi d’imbarazzo, di frustrazione, di rancore e di ansia. Ma c’è anche un silenzio di approvazione e condivisione, un silenzio di promessa e accettazione. Il silenzio non è “un vuoto” ed è necessario distinguere tra il mutismo e altri tipi di silenzio. C’è il silenzio del mutismo, che è una vacuità di parole e indifferenza, e quello taciturno che è l’espressione del temperamento, di una tristezza o della malattia. E poi c’è il silenzio pieno e profondo per concentrazione, accoglienza, empatia o meditazione." (Clarinda Lawry)

Il silenzio non è dunque assenza di suono: sarebbe materialmente impossibile. Il silenzio che noi conosciamo, che noi viviamo, a dispetto di quanto si creda, è pieno di suoni, che mentre si suona o si parla sono impercettibili. Se noi tacciamo, facciamo, per una volta, parlare e suonare altre persone e altre cose: apriamo dunque la possibilità di apprezzare anche altre persone, altri fenomeni naturali oltre la nostra voce.

Nella ludoterapia, ossia la terapia che usa il gioco come strumento e il linguaggio non verbale, viene usato anche il gioco del silenzio con lo scopo di aiutare il pensiero e di provare emozioni. Se qualcuno ha un vivere che lo fa soffrire questi tende a preferire stare nella confusione la quale non gli da modo di riflettere. Il silenzio invece attinge anche il dolore. Alcuni pazienti arrivano a dire che il silenzio gli fa paura. Il silenzio non è semplicemente non parlare, perché puoi aggirarlo quando ti concentri in qualcosa che ti distoglie da ciò che invece dovresti ascoltare.

Quando pensiamo al deserto, ci immaginiamo immediatamente un luogo arido, solitario, difficile, un luogo, appunto, di silenzio. Interessante invece vedere che la parola tradotta con ‘deserto’ in ebraico è ‘midbar’, ossia il “luogo delle parole”. Fu proprio nel deserto che Dio parlò per la prima volta a tutto il Suo popolo e tutto il Suo popolo udì la Sua voce.

C’è un versetto nel Salmo 37 che dice: Sta in silenzio davanti all'Eterno e aspettalo.(v.7)

In Lamentazioni è scritto: Buona cosa è aspettare in silenzio la salvezza dell'Eterno. (3.26)

Il silenzio non è passivo. Il silenzio, come ho già detto, non è assenza di suono. Il silenzio parla, il silenzio crea aspettativa, il silenzio onora chi parla, il silenzio da valore alla prossima parola che verrà pronunciata o all'azione che verrà eseguita.

La terra sperimentò un silenzio soprannaturale di tre giorni. In quelle ore nessuno udì più quella voce che per almeno tre anni aveva fatto una vera rivoluzione. Una voce che aveva insegnato, guarito, scosso coscienze, agitato i potenti di allora, aveva pianto, riso, cantato, pregato…

Yeshùa, nel suo ultimo giorno, fece appello alle poche forze rimaste e pronunciò la sua ultima frase, la più grandiosa e piena di speranza, Lui disse: “È compiuto” (Gv 19.30). Ad essa seguì un silenzio spirituale senza precedenti. La natura, la terra intera e tutte le creature celesti sembravano stare col fiato sospeso. Poi, alla fine quel silenzio solenne, carico di aspettativa e tensione, fu rotto dal suono di un rumore forte, quello di un terremoto, quello di una pietra che rotola aprendo il sepolcro e facendo uscire Colui che vive.

Impariamo a stare in silenzio davanti a Dio, per poter ascoltare Colui che parla, Colui che ha vinto, Colui che è risorto. Impariamo a stare in silenzio davanti a Dio perché Lui lo riempirà di verità che liberano.

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