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  • Immagine del redattoreDanila Properzi

Rabbia


RABBIA.

Sentimento contrastante poiché racchiude in sé un potere attivo e un potere distruttivo. Che vinca un potere o l’altro dipende da quanto si è capaci di controllarla. Ma controllarla non significa soffocarla. Perché la rabbia è un grido dell’anima e a volte del corpo. È un grido di aiuto, un SOS per qualcosa che ci sta logorando. E allora è giusto e sacrosanto ascoltare la propria rabbia, ma bisogna farlo con sapienza, la quale impedisce che questo ascolto diventi un monologo isterico e infruttifero, e soprattutto si deve avere un autocontrollo sufficiente per impedire che la rabbia sfoci in un’azione di cui poi puntualmente ci si possa pentire.

È scritto: “Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sul vostro cruccio.” (Ef 4.26)

Questo versetto biblico non rappresenta un lasciapassare che ci da il permesso di sfogare liberamente un sentimento potenzialmente negativo. Perché, se osserviamo bene, la frase denota un profondo equilibrio, fondamentalmente sta dicendo: arrabbiati ma controllati! Non permettere che questo sentimento vada oltre il suo limite, non permettere che varchi quella soglia contaminando tutto il resto. Puoi arrabbiarti ma non per questo sei autorizzato ad offendere, a ferire. Uno dei motivi per cui si parla di “rabbia cieca” è proprio perché, per un discorso fisiologico e psicologico, la rabbia aziona processi che ci impediscono di “vedere” noi stessi ed il prossimo. Diventa quindi necessario fermarsi prima. Perché è questo che ci distingue dalle bestie feroci, non l’assenza di rabbia, ma la capacità che ognuno di noi ha di controllarla. Sì, esatto, ognuno la può controllare, il problema è che il suo controllo richiede fatica, osservazione, sforzo e non tutti sono disposti a passare per questo processo.

Allora diamo pugni per aria, cerchiamo un luogo isolato (anche in auto da soli) e gridiamo, oppure facciamolo usando un cuscino che soffochi il suono, prendiamo a cazzotti un materasso, insomma, sfoghiamo l’energia e l’adrenalina, che la rabbia genera, su qualcosa di materiale, e non sul nostro prossimo perché poi dovremmo pagare il conto per i lividi che abbiamo provocato alla sua anima e di conseguenza alla nostra.

Credo che la cosa più corretta da fare sia, non vivere in modo passivo la rabbia facendosi controllare da essa, bensì studiarla, capire cosa l’ha generata e cercare, qualora fosse possibile, di risolvere il problema alla fonte, perché, come ho già detto, la rabbia è un grido interno che riporta a qualcosa di più grande e se si ignora questo grido la conseguenza non sarà che esso verrà silenziato bensì riuscirà nella sua forza a deformare la bellezza della nostra anima, cambiando i nostri pensieri, azioni e reazioni. E questo in nessun caso e nessuna circostanza vale la pena.

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